Grohmann accese la luce del negozio spingendo in su l’interruttore nero a levetta. Erano arrivate due casse di merce in scatola che dovevano essere disposte negli scaffali; la frutta e la verdura andavano ormai sostituite e la botte della birra rabboccata al più presto. C’erano poi sei capi di selvaggina da appendere fuori: quattro beccacce, un fagiano ed un maschio di germano, frutto dell’ultima uscita con la sua Frida nel vicino bosco di Kunsebeck. Era sabato e certamente li avrebbe venduti ad una massaia desiderosa di cucinare qualcosa di diverso per il giorno di festa domenicale. Non accadeva mai che la selvaggina rimanesse invenduta e poteva ben dire che fosse una delle merci più richieste; anzi, da un anno a quella parte l’unica merce richiesta davvero. Infatti, nella vicina Bielefeld avevano aperto i primi supermercati, molta gente vi si riversava dai paesini anche solo per la curiosità di vedere questa nuova cosa e gli affari non viaggiavano più come un tempo. A questo s’era aggiunta la malattia nervosa della moglie. L’illusione di una cura lo aveva portato a rivolgersi a grandi professori ad Hannover, Munster e Berlino, con esborsi di somme che per lui erano diventate dapprima impegnative, poi gravose ed infine irreparabilmente proibitive. I professori non avevano risolto granché, ma in compenso lui si era trovato oberato di debiti verso i fornitori e verso lo Stato, che le sue tasse le pretendeva ugualmente. Per il vecchio Klaus non c’era stata scelta, ed un giorno andò a Bielefeld recandosi alla redazione del giornale della città, il “Westfalenblatt”, stringendo in mano un foglietto con l’annuncio che intendeva far pubblicare: “Si vende per mille marchi cagna pudelpointer di buona salute e costituzione, infallibile sulle beccacce e ogni selvaggina d’ala. Qualsiasi richiesta di prova sarà soddisfatta senza condizioni”. Mille marchi alla metà degli anni cinquanta non erano poca cosa, tuttavia l’annuncio dovette aver successo, se dopo nemmeno una settimana si presentò a bottega un signore elegante nel suo vestito
marrone, con due sottili baffi scuri ed una cravatta di seta verde. Era il barone Alfred Von Pathorst, uno dei signori della regione, rimasto ricco e possidente nonostante la catastrofe bellica ed il crollo del regime appena dieci anni addietro. Cacciatore di grande competenza, Von Pathorst aveva per la beccaccia un’autentica passione e non c’era cane che soddisfacesse la sua maniacale ricerca di perfezione, pur non sapendo nemmeno lui di cosa veramente andasse in cerca. Il barone propose a Klaus, sconcertato dall’apparizione nel suo negozio di un tale eminente personaggio, di provare la cagna per tre giorni all’interno di una delle sue riserve. La prova sarebbe avvenuta alla presenza dello stesso Grohmann e, se avesse soddisfatto le sue aspettative, Von Pathorst avrebbe immediatamente acquistato la cagna pagando in moneta frusciante. L’anziano bottegaio rispose che non poteva lasciare la moglie sola per tutto quel tempo, instabile com’era, ma che avrebbe presenziato di certo per almeno un pomeriggio. Il barone accettò e fissarono l’inizio della prova proprio per il pomeriggio di quel giorno che stava per nascere.
LE BECCACCE DI FRIDA
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