Nel frattempo iniziarono a comparire i primi cani, meticci naturalmente e qualche mezzo segugio, che nonostante non avessero grandi doti si rendevano utili alla causa.
Le indistruttibili utilitarie, partivano cariche di cacciatori e viveri verso l’Aspromonte; si partiva anche alle tre, e dopo un lungo viaggio tra i tornanti scoscesi, all’alba i postaioli partivano alla volta dei migliori passi, che a volte occorreva anche qualche ora di cammino per raggiungerli, naturalmente lì ci andavano i gambini, uno su tutti Masciu Attilio “ u ferraiolo”, fratello minore di Masciu Totu.
Non esistevano radioline per comunicare, giornate intere passate in compagnia della natura incontaminata, e per scambiarsi notizie con i più lontani si usava un fazzoletto bianco, ogni sventolio nascondeva un linguaggio, e ricordo ancora che la fine delle battute veniva dato dallo sparo
ravvicinato di due colpi di fucile.
Bellissimi i primi cinghiali abbattuti, veri esemplari da vetrina, niente a che vedere con gli ibridi che oggi popolano il Parco d’Aspromonte, e che a volte sono anche aggressivi verso i cani e i cacciatori, memorabili le sfilate per le vie del paese con i magnifici trofei sulle auto, tutti ad ammirare e a scattare foto.
D’obbligo infatti era alla fine della battuta la foto di rito, che fosse mezzogiorno o mezzanotte, bisognava passare dallo studio fotografico di Pippo Spinella, anch’egli cinghialaio, il quale pretendeva che ogni giornata venisse immortalata, le prede sistemate sui portapacchi delle auto e i cacciatori tutti intorno, click, un flash e una foto da tramandare ai posteri.
A CINGHIALI IN ASPROMONTE: QUANDO LA BESTIA SI CACCIAVA A PALLETTONI…
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