“La caccia è tradizione connaturata con la nostra storia, e le armi consentono di praticarla contribuendo al benessere delle nostre campagne e all’equilibrio fondamentale fra le specie”. Così, Francesca Colombini Cinelli, matriarca della nobile Casata che da otto secoli primeggia sulle colline più celebrate del mondo,
ha aperto la cerimonia della benedizione delle armi in vista della imminente apertura della stagione venatoria, a Montalcino, nella Fattoria dei Barbi, uno dei santuari mondiali dell’enologia e centro di produzione del leggendario Brunello. L’iniziativa è un’assoluta novità a cui con gioia, e qualche sacrificio di strapazzi e di tempo, ho deciso di partecipare dopo aver ricevuto l’invito e l’accredito stampa, e testimonia la profonda compenetrazione tra le
genti di toscana e l’arte della caccia. Accolto, come tutti gli altri convenuti, dal sorriso di Laura e da un buon calice di quel rosso prodigioso nato qui, dove il paesaggio pare dipinto, ho visto il legame fra Bacco e Diana assumere i contorni di un’entità palpabile, talmente concreta da poter essere letta con facilità nei volti dei tanti cacciatori che il pomeriggio di domenica undici settembre sono intervenuti portando armi e cani agli uffici benedicenti di don Otello Angelini, il venerato ultranovantenne parroco di Camigliano e fino a poco tempo fa ancora intento a cacciar lepri dietro ai segugi.











