Amor che a nullo amato amar perdona…: la dantesca terzina dovrebbe essere l’inizio di uno scritto cinofilo a firma di Ferrante Faccioni, nel 1948. Perchè? Perchè nonostante la competenza dimostrata nell’esplicare le migliori caratteristiche dello spinone, il cronista non può fare a meno di andare sopra le righe, travalicando la concretezza cinologica che pur sembra appartenergli per entrare in quel limbo fantastico al quale solo gli innamorati hanno diritto d’accesso.
Iniziamo con ordine. Faccioni arringa contro coloro i quali non apprezzano lo spinone per il suo aspetto irsuto e, indignato, tenta di dimostrare che si tratta solo di giudizi incompetenti. Tuttavia inizia la sua requisitoria portando ad esempio di “vera bruttezza” due razze che sono, allora come ora, molto apprezzate dal grande pubblico: il bassotto ed il bulldog. Stigmatizzando impietosamente “…gambe storte, corpi allungati e cilindrici e macrocefali prognati..”, Faccioni non si accorge di cadere egli stesso nell’errore che imputa ai detrattori del suo beneamato spinone, ovvero quello di emettere giudizi su una base puramente soggettiva, senza alcuna implicazione cinotecnica. Di ciò però pare avvedersi presto, in quanto due righe dopo corregge il tiro con un’analisi morfologica degna di nota: “La sua testa è bellissima, dolicocefala con epifisi sviluppata, con zigomi prominenti tanto da accompagnare il muso con la canna nasale lunga e leggermente montonina..”.
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