Mezz’ora più tardi, Antea è di nuovo in ferma. Tiene la testa leggermente più alta rispetto alla linea dorsale, mentre una delle zampe è piegata fin quasi a toccare lo sterno. Mastica leggermente l’effluvio e serra gli occhi guardando davanti a sé. Sono quasi certo che si tratta di una beccaccia: sul fagiano in genere si comporta
diversamente. Difatti, una regina parte morbida, a colonna, innalzandosi sopra le branche dei suoi alberi e il tiro risulta facilissimo, elementare, con la caduta susseguente che avviene in un’armonica consecutio di causa ed effetto.
Bentrovata maestà. La prendo dalla bocca della pointerina, vagamente euforico e la guardo con attenzione. E’ sempre bella, sempre fascinosa, sempre vestita con splendidi abiti, tutti diversi anche se ognuno simile all’altro.
L’appagamento incomincia a bussare con insistenza. Quando decido d’aprirgli, con lui entra anche la sua perfida sorella, la fatica, che fino a quel momento ero riuscito a trattenere fuori. Guardo l’orologio: sono le undici, quattro ore esatte di risalita. Antea è stanca quanto me, con la
differenza che nonostante l’età e qualche acciacco, l’arrampicata non è riuscita a domarla. L’ammiro di cuore, la mia cagnina; la invidio quasi, consapevole che non sarò mai in grado d’eguagliarla. Facciamo sosta, ai piedi di un grande albero rugoso. Due spicchi d’arancia ed un sorso d’acqua per me, un pezzo di pane tostato al focolare per Antea e poi di nuovo in marcia, stanchi si, ma con ai piedi le ali della gioia.
A caccia: frutti di bosco…
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