Saliamo da un’ora e di beccacce o altri animali degni d’interesse finora non ne abbiamo levati. Battere questo posto non sembra altro che un’inutile e faticosa perdita di tempo, però, in quell’alveo ripido e angusto, non può sfuggirmi una sensazione di particolare comunione con la natura. E’ un sentire che poco s’adatta alla ragione ed ancor
meno si circoscrive con qualche definizione, ma la si avverte come una presenza reale, un’entità che può essere benefica o malefica a seconda del grado di rispetto che le si intende riservare. Non è la prima volta per me, ma è facile per chiunque riconoscerla: degli alberi si sente il respiro, degli uccelli può capirsi la lingua e la terra mostra una consistenza come di corpo vivo. Anche il cane pare più ispirato, più saggio, scevro dai giri vacui e sterili che talvolta compie laddove questo afflato non riesce a farsi percepire.
Un vecchio rudere ci compare davanti come creatosi dal nulla, alla stregua d’una boschiva fata Morgana evocata dall’aria satura di desideri. E’ una piccola costruzione a due piani, con il tetto sfondato in uno sfacelo di tegole scurite, e rimane una trentina di metri davanti a me preceduta da un’aia spaziosa ed inerbita. Mi fermo a guardarla, a sfidarla quasi rammentandole lo sforzo fatto per raggiungerla, e lei pare salutarmi come contenta di averle reso visita, dato che nemmeno il tempo, ormai, la ricorda più. Antea s’introduce nei vani al pian
terreno, fra vecchi calcinacci e legni marci ammassati chissà quanti decenni prima. Esce velocemente, fa per aggirare la casa, e si blocca in ferma in direzione di un cespuglione di rovo che cresce un pò distante. Non ho nemmeno il tempo di staccare la doppietta dalla spalla che un maschio di fagiano esplode arrabbiato verso gli alberi. Tento la fortuna e stocco direttamente di seconda canna. L’uccello piomba a straccio in mezzo ai tronchi dei carpini e la cagna si tuffa al riporto. Vedendola arrivare con il gallo tra le fauci, stento a credere al repentino evolversi dell’evento nonché alla fortuna che ho avuto con quel tiro disperato; poi, quando stringo per il collo il bel maschio colorato, mi sento felice come un bambino e prodigo cento complimenti alla pointerina, accarezzandola con calore. Ricarico, e decido di scoprire cos’altro riserva quel piccolo bosco stregato, ed in quali modi ha intenzione di sorprendermi ancora.
A caccia: frutti di bosco…
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