Quella che ho malamente tentato di descrivere, è un evenienza che è accaduta a tutti i cacciatori fermaioli degni d’essere chiamati tali. E’ la ferma in bianco, fantasma dannato e malevolo, nemico giurato di ogni cane e calvario per chiunque abbia la sfortuna di possederlo. E’ una pugnalata alla buona fede, una sferzata bruciante agli ardori della passione, un cilicio involontario alla fiducia che deve essere base e fondamento del rapporto col proprio cane. Arkwright la definiva “peccato mortale”, Hardy “nefanda ingiuria”, Colombo “..quanto di più noioso ci sia in un cane da ferma”.
Si tratta in effetti di una grave deficienza che può afferire alla poca connessione fra cervello ed olfatto, a manchevolezze di quest’ultimo, oppure alla scarsità di carattere, ovvero un’insicurezza resa eccessiva dalla genetica, da una cattiva educazione o da esperienze in qualche misura negative.
Diciamo che la prima fra le cause che ho elencato, è anche la meno frequente. E’ davvero difficile ascrivere la ferma in bianco unicamente ad un problema di scarsa capacità d’utilizzo olfattivo, senza che vi sia sia coinvolto anche il sistema nervoso del soggetto in questione. Può accadere, ma sono casi rari e generalmente conseguenza di episodi di malattie parzialmente invalidanti come cimurro o leishmaniosi. Ad esempio, ho avuto personalmente esperienza di una cagna che aveva contratto il morbo di Leishmann in forma acuta e che ero riuscito a salvare con una cura tempestiva ed opportuna. Ebbene, da gran fermatrice che era, sicura ed accorta, s’è trasformata progressivamente in una cagna sempre pronta a bloccarsi su qualsiasi uccelletto e incapace di sfruttare il vento, dunque inutile, quando non dannosa, in qualsiasi caccia, di campo o di bosco che fosse. La malattia le aveva ridotto fortemente le capacità olfattive andando ad “ovattare”, per una serie di meccanismi che adesso non è il caso di elencare, le terminazioni nervose della mucosa nasale, la quale s’era ridotta a funzionare a “singhiozzo”, riuscendo a gestire solo piccole particelle d’effluvio e in più per un lasso di tempo limitato, esattamente come chi ha un raffreddore. E’ chiaro che in queste condizioni il cervello non è informato a dovere del quadro complessivo della situazione e ritiene che quell’unico indizio sia tutto ciò che è disponibile, ordinando così la ferma quando invece la contingenza non la dovrebbe prevedere.
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