Ognuno di noi, quando si tratta della beccaccia, possiede una propria filosofia e uno spettro d’ideali a cui si rifà, e nei quali cerca risposta alle proprie domande. C’è il poeta innamorato, novello trovatore, che le canta odi e nella notte stringe il cuscino sognando di lei; c’è il tecnico dal piglio militaresco, che predispone strategie e mette in pratica tattiche per raggiungerla, e poi quando l’ha finalmente fra le mani ne esamina piume e colori, annota le condizioni climatiche, ed arrivato a casa la pesa e non di rado la fotografa in tutte le posizioni. C’è il feticista cinofilo, per il quale la beccaccia costituisce il metro per misurare la valentìa dei suoi cani, ammantando di avventura ogni ferma, guidata o riporto. Ognuno di questi approcci disegna un universo a parte, tratteggia un orizzonte di sentimenti e d’interessi diversi, evoca dimensioni oniriche vagheggiate dalla mente e disegnate dal cuore. Tali filosofie, quando oneste, sono commendevoli tutte, ma in tutte si può trovare chi le renda invece condannevoli, trasformandole in arraffo becero e ingordo. Ce n’è una però, fra quelle che ho incontrato, in cui davvero non esiste traccia d’impurità. Il vecchio Amilcare è arrivato alla sua ottantaquattresima primavera. Vive in una casetta ai piedi di una collina di lecci in compagnia della moglie, di un paio di galline e di una setter bianca e nera dalla morfologia approssimativa. Una volta o due all’anno s’incammina per quel bosco che è come fosse una stanza di casa sua, risalendo lentamente fino alla sommità insieme a Gemma, la cagnina. Ne discende due o tre ore più tardi e rientra in casa con una beccaccia fra le mani nodose. Pierina, la moglie, gliela prende con entusiasmo esclamando come sempre: “Bella! Domenica ci fò i crostini!”. Sul volto solcato di quell’antica fanciulla si dipinge la stessa espressione di meraviglia del giorno in cui quando, giovani sposini, Amilcare le portava la prima beccaccia, e nel cuore del vecchio contadino zampilla il medesimo orgoglio di sessant’anni prima, all’inizio del cammino d’una vita intera.
Con un incantesimo di cui solo lei conosce la formula, la regina ha avuto il potere di fermare il tempo per alcuni istanti e di riportarlo indietro, quando per Amilcare e la sua Pierina tutto aveva un altro sapore.





