L’uomo, alterando il libero adattamento di molti fenomeni naturali secondo il proprio tornaconto molto spesso non ha considerato la conseguenza che il suo intervento avrebbe avuto, o avrebbe potuto avere, nei confronti di molti esseri viventi. In tal modo diverse specie di animali sono state condotte all’estinzione a causa delle profonde modificazioni ambientali mentre altre resistenti hanno profondamente mutato il loro costumi riuscendo talvolta trarre perfino un certo profitto ed a raggiungere una notevole prosperità. E’ il caso del merlo che uccello in origine tipicamente silvicolo, amante del fitto fogliame e dei luoghi riparati e nascosti, è divenuto attualmente uno dei più comuni abitatori delle città, dei giardini, dei parchi e delle aie campestri, rimanendo sempre a stretto contatto con l’uomo che pur non potendoglisi dire amico, riceve in dono da questo uccello il canto e la compagnia. Aggraziato nei movimenti, dotato di un volo sicuro e leggero, ricco di un bel piumaggio nero, Il merlo è divenuto talmente comune nei luoghi
abitati che l’uomo ha finito per abituarsi alla sua presenza e la gente di città neppure pensa più ad alzare il capo se sente il bellissimo richiamo del nero abitatore delle oasi verdi nella giungla di asfalto e di cemento. Il merlo comune (turdus merula) è lungo circa 24 centimetri di cui 9 -11 appartenenti alla coda dall’apice quadrato, con un peso che può raggiungere un massimo di 120 grammi; chiuse, le ali sono lunghe da 11 a 13 centimetri nel maschio è un poco meno nella femmina, mentre raggiungono in apertura i 38 centimetri. Il piumaggio morbido e folto presenza non poche variazioni nella colorazione pur se nel maschio adulto la livrea assunta per muta completa fra agosto e ottobre appare completamente nera, lucida e brillante (la lucentezza si attenua sensibilmente d’estate) con leggere sfumature brune sui margini delle penne, sulle ali e sulla coda. Il becco è lungo due centimetri e ha tinta giallo arancio così come il cerchio perioftalmico, mentre le iridi e le zampe sono bruno scure. Nella femmina invece, le parti superiori del corpo coperte da un piumaggio uniformemente bruno scuro, la gola grigiastra e raggiata di bruno, il petto bruno rossastro picchiettato di scuro, il ventre grigiastro più scuro verso i fianchi, e le remiganti bruno nere più chiare nella faccia interna; il becco è bruno scuro come le zampe. Non infrequenti sono in questa specie le colorazioni anomale potendosi reperire individui il cui piumaggio è macchiato, pezzato,, o addirittura esemplari albini cioè completamente bianchi: casi questi non rari contrariamente a quanto si sarebbe indotti a credere seguendo il detto “raro come il merlo bianco”.
A partire dal mese di dicembre i merli sedentari si raggruppano in colonie numerose su una superficie limitata. I maschi che sono di solito in maggioranza in questo primo periodo, appaiono straordinariamente attivi e si spostano velocemente da un gruppetto l’altro immobilizzandosi a tratti come se fossero in ascolto, e tenendo la coda bassa e ripiegata, oppure si affrontano di quando in quando in breve zuffe con i rivali, sempre però nel più assoluto silenzio. In febbraio le coppie si stabiliscono definitivamente ed è allora che i merli in amore cominciano a cantare. I maschi difendono gelosamente il loro territorio e lottano contro gli intrusi, ma le femmine non sono da meno quanto ad attività e aggressività. Di regola le coppie sono monogame, sebbene sia possibile osservare casi in cui un maschio nidifica con due o tre femmine, mentre numerosissimi sono gli individui che restano “scapoli” per tutta la vita. Non risulta che tra questi uccelli esista una qualsiasi forma di parata nuziale: la femmina comincia per tempo ricercare il luogo adatto alla locazione del nido, e una volta individuatala, si unisce al maschio per trasportare i materiali necessari alla costruzione. Prendendo come base un ramo, la femmina intesse
quindi con rametti secchi, foglie e radici una sorta di coppa che consolida all’interno con fango, sul quale distende poi un soffice strato di materiale vegetale. Di solito il nido è posto in posizione sicura, alla biforcazione di un ramo alto da terra da 1 a 2 o anche 3 metri ma non è raro il caso in cui esso venga pubblicato sotto i tetti o entro il foro di un muro. La prima covata si effettua generalmente il primo o il 15 aprile pur notandosene a volte di più precoci. Vengono deposte da 3 a 5 uova delle dimensioni medie di 29 x 21 mm del peso di circa 7 grammi di colore grigio verde bluastro più o meno fittamente picchiettato di rossiccio. La durata media dell’incubazione è di 12 -13 giorni e ad essa si dedica soltanto la femmina, che a metà giornata usa allontanarsi per breve tempo dal nido sostituita
temporaneamente dal maschio, il quale non cova ma rimane sull’orlo della coppa e si limita sorvegliare le uova. Tranne in questi brevi momenti la femmina si occupa da sola e continuamente della covata riscaldando i piccoli appena nati e difendendoli accanitamente, meglio di quanto potrebbe fare lo stesso maschio: anche se non di rado questo attira su di sé l’attenzione del nemico portandolo lontano dal nido a rischio della propria vita. Per ciò che riguarda l’alimentazione della prole, tradizionalmente vorace, entrambi genitori si alternano in tale compito agendo tuttavia separatamente, sfruttando territori di caccia diversi e giungendo al nido perfino in orari differenti per garantire una continuità nella somministrazione. Verso il dodicesimo – tredicesimo giorno di vita, i giovani sono ricoperti da un piumaggio bruno rossastro, e pur non essendo ancora in grado di volare escono dal loro nido trattenendosi sul terreno: da questo momento e ancora per un paio di settimane, il loro allevamento e addestramento divengono opera esclusiva del padre, mentre la madre provvede ad una seconda covata che si effettua verso la metà del mese di maggio, talvolta nel vecchio nido, ma più spesso in uno nuovo. Fra la fine di giugno e i primi di luglio inoltre, si verifica di frequente una terza covata, mentre un’ulteriore deposizione di uova in ottobre viene considerata come un’anomalia del tutto eccezionale. Considerata la grande prolificità della specie ci sarebbe da domandarsi come mai i merli non abbiano invaso ogni angolo del mondo. In realtà moltissime covate vengono abbandonate dai genitori, molto uova restano sterili ed altre vengono distrutte dalle intemperie, e soprattutto, i nidi sono spesso devastati da predatori di ogni genere. Tuttavia, gli individui che giungono a sopravvivere sono comunque più che sufficienti a mantenere ricca e vitale la specie. Alla fine dell’estate, i giovani merli della prima covata abbandonano i luoghi natii mentre gli adulti, terminata la muta tornano di nuovo a fischiare e a cantare dando l’avvio, nei casi in cui esse si effettuino, alle migrazioni.
Esiste una sostanziale differenza di abitudini tra i merli ancora viventi nel primitivo ambiente naturale e
quelli che si sono adattati alla vita cittadina. Il merlo che vive nella libertà della natura e lontano dai centri
abitati, conserva intatte le qualità originarie della specie: inquieto, diffidente difficilissimo da scoprire e da osservare, è inoltre vivacissimo, impressionabile, soggetto a improvvise crisi di terrore nonchè facile preda del panico anche ingiustificato. Di lui si può dire che è un animale individualista, amante della solitudine e del silenzio. Il merlo cittadino, per contro, è abituato alla presenza dell’uomo, e dei rumori urbani, si è liberato degli antichi timori ed è divenuto straordinariamente socievole ricercando infatti la compagnia dei suoi simili, là dove lo spazio limitato l’ha costretto a modificare i suoi modi di vita. Il merlo trova sul terreno la maggior parte dei suoi alimenti, frugando col becco fra erbe e pietre alla caccia di larve e di vermi, mentre usa picchiettare le cortecce degli alberi per farne sfuggire le piccole prede nascoste come coleotteri, imenotteri, piccoli gasteropodi e non di rado minuscole lucertole. All’alimentazione carnivora questo uccello aggiunge anche i frutti e le bacche che raccoglie a terra o addirittura strappa dai rami di frutteti e vigneti. Dal punto di vista del regime alimentare il trasferimento del merlo alla vita cittadina ha avuto per lui riflessi positivi poiché nel nuovo ambiente il cibo è in ogni stagione più abbondante, e la sua ricerca più facile. Questo uccello infatti non esita, se del caso, a portarsi sui balconi o sulle terrazze per raccogliervi ogni sorta di materiale commestibile. L’indole vivace e allegra di questa specie si manifesta non solo nei movimenti rapidi e nervosi ma anche nella sua voce ricca di intonazioni e di cadenze. La gamma della voce del merlo
è vastissima, e va del sibilo al fischiettio più sonoro, al lungo gorgheggio monotono, fino alla vera e propria frase musicale flautata ed estesa, talvolta addirittura imitativa; ogni grido ha un significato, ogni tonalità corrisponde ad una fase della vita di questo piccolo essere, variando a seconda della stagione o delle ore del giorno. Naturalmente esistono individui la cui voce appare meno piacevole, ed altri che cantano raramente, ma il merlo si pone in genere fra gli uccelli la cui capacità di cantori è sicura e dai quali non di rado è anche possibile a seguito di opportuno addestramento, ottenere ripetizioni di brevi melodie.
Per lungo tempo si sono condotti studi sulla possibilità di considerare il merlo come migratore giungendo a concludere che esso può essere sia sedentario sia migratore. D’altra parte anche l’indole di questo animale è veramente difficile da definirsi presentando essa una estesissima gamma di manifestazioni a seconda della regione abitata, dell’ambiente, dell’età e del sesso. In linea di massima sembra che i maschi adulti debbano considerarsi più sedentari delle femmine ed i giovani, le cui migrazioni appaiono più frequenti, iniziando a settembre, giungendo al culmine ad ottobre e interrompendosi a novembre. Il ritorno nella regione di nidificazione avviene fra febbraio e marzo e gli spostamenti migratori che appaiono sempre orientati verso il sud nel viaggio di andata, avvengono generalmente di notte, in formazioni sparse, sia all’andata sia al ritorno.
Il merlo comune nidifica in gran parte dell’Europa: dalla Scandinavia, alla Francia, al Portogallo, alla Spagna e all’Italia, mentre raggiunge a oriente l’Ungheria, la Polonia e la Crimea. I suoi nidi si rinvengono fino a 1600 metri di altitudine, laddove inizia invece il regno del merlo dal petto bianco, il quale, meno cittadino è più socievole del suo congenere, abita per lunghi periodi le regioni montuose che abbandona solo ogni tanto per scendere a valle, effettuando notevoli spostamenti alla ricerca di pascoli più abbondanti.
Moltissimi son i casi di merli allevati in cattività in uno stato del tutto domestico e addirittura stupefacenti appaiono i risultati talvolta ottenuti nell’addestrarli. Una volta era frequente vedere, nelle case di campagna, un grosso merlo che saltellava a suo completo agio per le stanze di un’abitazione senza minimamente tentare la fuga, o che chiuso in una rustica gabbia, modulava motivetti, frutto di una paziente opera di addestramento, a testimoniare una notevole capacità cognitiva ed intellettiva.
Un posto notevole spetta al merlo nel linguaggio comune. Oltre al già citato detto del merlo bianco, il nome di quest’uccello è spesso assunto come termine di paragone quando si voglia alludere a uno stato dell’anima particolarmente lieto, dicendo che qualcuno “è contento come un merlo”. D’altronde però, si fa anche riferimento a lui quando si voglia alludere, pur sempre in termini bonari, ad una persona caduta per ingenuità e buona fede in un inganno, quasi a stabilire un parallelo fa l’assoluta mancanza di malizia dell’uomo raggirato, e la serena semplicità di questa libera creatura dei boschi.













