Ci è giunta in Redazione una notizia di quelle che non vorremmo mai leggere né ascoltare. E’ un comunicato dell’Ufficio Stampa Arcicaccia che nella persona del suo presidente Marco Ciarafoni esprime tutto il suo sdegno per un episodio che anche noi di “Caccia Oggi” non esitiamo a definire di gravità inaudita:
“Una discriminazione inaccettabile e vergognosa”, questo il primo commento del presidente Ciarafoni, allorquando l’Associazione è stata informata da alcuni soci che l’organizzazione animalista alla quale erano stati affidati i cani adulti di un noto allevamento di bracchi italiani, dopo la morte del titolare, ponevano la pregiudiziale che la persona adottante non dovesse essere un cacciatore. E prosegue : “Per di più, nel corso delle telefonate si informava il possibile affidatario che i cani sarebbero stati sterilizzati “inconsapevoli” del fatto che quei bracchi italiani sono iscritti ai libri genealogici e che così facendo si sarebbe disperso un patrimonio genetico di assoluto valore. I bracchi italiani in questione, infatti, sono il risultato della passione e della competenza di un allevatore con affisso riconosciuto dall’Enci e dalla Federazione Cinologica Internazionale e rappresentano una delle due razze da ferma italiane che ci vengono invidiate in tutto il mondo per le loro esclusive caratteristiche di lavoro e morfologiche. L’amore verso il cane non può essere catalogato sulla base di una discriminazione massimalista ed ideologica riferibile alle scelte di vita della persona che decide di averlo con sé, ma solo in base alla verifica che il cane sarà effettivamente nelle mani giuste poiché chi lo adotta ha le reali possibilità di garantire il giusto benessere. Non ci pare che i cacciatori, in quanto tali, siano catalogati come noti delinquenti ricercati dalle polizie di tutto il mondo ma come persone perbene e a posto con la giustizia anche in virtù del porto di fucile che hanno in tasca..”
Che dire? Non si può certo non concordare in pieno con quanto dichiarato da Marco Ciarafoni, ma soprattutto non è possibile, non più, sottacere un simile atteggiamento da parte di sedicenti pseudodifensori del benessere animale i quali, chissà perché, al benessere psichico dei cani da caccia non pensano mai.
Chi si atteggia a giudice delle coscienze, chi processa le intenzioni, chi scaglia pietre contro il suo prossimo non deve passarla liscia, e non deve più godere di quella sorta di inspiegabile immunità e di quel velo “politically correct” che tante volte proprio noi stessi, noi cacciatori, abbiamo contribuito a stendere col nostro silenzio. Bravo dunque Marco Ciarafoni e forza popolo venante a due e a quattro zampe: risvegliamoci e in alto l’orgoglio, perché solo chi ha stima di se stesso, può sperare di averne dagli altri.





