Sfrascando fra canali e paduli, noi ed il cane entriamo in una dimensione che in quanto esseri terragnoli non ci appartiene e anzi tende a respingerci utilizzando ogni mezzo a sua disposizione. Malgrado ciò, tutti noi sappiamo che, in ossequio ad un elementare principio naturale, laddove c’è acqua, c’è anche vita. La tavolozza di “personaggi” con cui si presentano queste entità ecologiche, potrebbe appartenere a buon diritto ad una compagnia teatrale di primordine. L’anatra,
signora permalosa e fuggevole anche se attraente e succosa coma una dama di classe; la gallinella, ragazza di campagna, timida e solo in apparenza dimessa, che vola basso ma che quando la si è perduta non la si ritrova più;
la folaga, ciacciona e confidente come una portinaia di quelle d’una volta. E poi il frullino, discolo e simpatico; il porciglione, saggio e criptico, che quando lo si incontra quasi t’induce a chiedergli scusa per averlo disturbato e distolto da chissà quale elucubrazione. Infine lui, il beccaccino, rubacuori delle canneggiole, principe dell’aria, e unico vero re, al maschile, del padule, persino più del titolato germano che di “reale” porterebbe anche il suffisso.
Tutti questi amici, a molti altri,sono quelli che ci aspettiamo d’incontrare quando decidiamo di affrontare l’acqua. Non tutti i cani si sentono a proprio agio in quel mondo liquido e quasi sempre freddo. Molti di loro, che si dimostrano ottimi cacciatori battendo un campo o una collina, paiono colti da uno strano timore reverenziale al cospetto dell’argine di un fiume o della sponda di un lago. Altri, che in montagna e nei boschi regalano al loro amico a due zampe pillole di felicità, si farebbero portare più volentieri dal veterinario piuttosto che mettere una zampa nell’acqua fonda.
Figurarsi poi pensare di lavorarci dentro. Occorre dire una cosa: l’attitudine a lavorare nell’acqua in un cane da ferma, può essere di origine genetica, ed allora anche chi non l’ha mai vista, dopo due o tre volte che viene portato in quel tipo d’ambienti riesce ad rendersi utile, oppure può essere indotta con un opportuno programma di condizionamento, che significa semplicemente “mettere nelle condizioni”. E’ intuitivo come quest’ultimo caso, sia quello che presenta la maggior parte di rischi di malriuscita o di rifiuti. Ciò è dipendente da una serie di elementi dei quali la maggior parte sono di controllo umano e solo qualcheduno può essere imputabile al caso, alla
mancanza di stoffa o alla sfortuna.
Ricordiamoci che tutti i cani da ferma possono funzionare bene in ambienti umidi e che tutti i personaggi di cui sopra abbiamo stilato un sommario e caduco elenco sono disponibili al “dialogo” con il nostro cane fermatore. Chi più, chi meno, ma invariabilmente tutti accetteranno l’approccio di un setter, un bracco o un’altra qualsiasi delle razze fermatrici, a patto che quasto avvenga nel modo più congruo e consono alla “dignità” ed al tipo di carattere del personaggio.

…..FERMARE L’ANATRA
Mentre sul beccaccino esiste un’abbondante letteratura su quale debba essere il comportamento che il cane da ferma deve adottare per poterlo trattare convenientemente, sulla gallinella ed ancor meno sull’anatra, poco è stato scritto.
Proprio le anatre sono sempre state oggetto di disaccordi concettuali circa la possibilità del cane a bloccarsi in tempo utile, al loro cospetto. V’è chi sostiene l’impossibilità, nei fatti, di poterlo fare e chi invece è pronto a giurare che il suo cane lo fa, ed anche bene. Per quel che mi riguarda, le anatre possono essere fermate. O meglio, il cane può arrestarsi a distanza utile in presenza dell’emanazione. Non tutte le anatre alla stessa maniera, ovviamente, ma in specie alzavola e germano sono fermabili certamente. Perchè ciò avvenga nel migliore dei modi occorrerà che il cane ne sia davvero innamorato, però può senz’altro avvenire. Sarebbe pleonastico dire che il sistema operativo delle razze più veloci è il meno adatto per quest’ufficio, anche se sono tantissimi gli esempi che potrei portare di pointer che ho avuto, i quali hanno saputo mostrare su questi selvatici ferme bellissime. Tuttavia, e chi sostiene il contrario mente, le razze veloci per poter essere davvero produttive sulle anatre devono…ridurre la velocità! Ciò significa per loro ricoprire un ruolo che non gli è proprio, esponendosi al rischio concreto di commettere errori. A questo punto è chiaro che una razza come ad esempio lo spinone, renderà di più perchè non costretta da esigenze contingenti, ma adatta per vocazione funzionale.
Per operare al meglio il cane deve agire lentamente, con circospezione, tenendo sempre presente che in ambienti acquatici, la selvaggina dispone di una via di fuga in più, costituita dall’elemento liquido, di cui non esiterà a servirsi se disturbata in maniera inopportuna. Una galoppata un pò troppo lanciata, anche se lontana dall’argine del fiume o dal fosso, può avere un potere deterrente di straordinaria portata, a causa delle onde sonore trasmesse dal terreno alle piante ed all’acqua.
Pensiamoci un attimo: quante e quante anatre abbiamo visto volare via dal canale davanti a noi mentre ci avvicinavamo seguendo i “lacets” del nostro impavido galoppatore?
Sarei però disgustosamente “politically correct”, e non lo vorrei, se dicessi che con l’impegno e la pazienza ogni cane potrebbe riuscire bene. Non è vero. Ci sono cani che la vocazione acquifera la sentono da piccoli ed altri che non la sentono mai, ma accettano il lavoro anche se lo fanno come lo farebbe una donna delle pulizie comandata di lavare sette piani scale entro mezzogiorno. Infine, c’è un piccolo ma ben visibile contingente di soggetti che invece la rifiutano completamente.
Mai, e ripeto mai, come nel caso degli ambienti umidi il buongiorno si vede dal mattino. Il cucciolo, ma anche l’adulto digiuno ( di caccia, sia chiaro!) che promette bene mostra alcuni segnali già dalla prima volta che entra in contatto con questo mondo nuovo e misterioso. Per quella che è la mia esperienza, gli accenni positivi possono riassumersi in due elementi fondamentali. Il primo è lo sguardo. Un cane che ha interesse ad entrare in confidenza con gli abitanti del mondo umido tenderà sempre a portare la linea degli occhi sopra il suo baricentro. Questo sta a significare che considera l’acqua non un pericolo mortale o un mostro tentacolare pronto a ghermirlo, bensì un luogo di lavoro come un altro, ed il suo interesse è rivolto alla scoperta delle meraviglie del nuovo posto e, anche se ancora larvatamente, al reperimento dell’usta utile di qualche pennuto, anziché a guardarsi da qualche immaginario pericolo. Non è difficile osservare questo particolare, che pur non essendo l’unico elemento valutativo, rimane quallo di maggior peso in termini quantitativi. Il secondo fattore è la gioiosità. Un cucciolo, e spesso anche un giovane cane, è come un bambino: si sa che quest’ultimo quanto più è spensierato, tanto più gioca volentieri e compie piccole grandi imprese, come salire sui rami, correre in bicicletta in campagna, schiamazzare.
Nessun bambino sarebbe in grado di esprimersi se fosse oppresso dallo spettro di qualcosa che lui ritiene un pericolo: avete mai visto dei bambini giocare spensierati a scuola quando li osserva un insegnante o il direttore della scuola? Ebbene un corso d’acqua, o una distesa allagata può suscitare nel nostro cucciolo i medesimi sentimenti di timore. Dunque occhio all’atteggiamento della coda, a quanto e a come si allontana, alla reazione che mostra se si leva un grosso animale come ad esempio un airone o un cormorano. 
Inquadrati da questi due criteri diagnostici, si muove tutta una serie di piccoli segnali che però da soli non possono essere probanti né qualificanti circa le future attitudini di un cane per questi tipi di ambienti. Il fatto, ad esempio, che abbia avuto
paura di mettere le zampe in acqua non significa assolutamente niente. Anche noi abbiamo titubanza, o mostriamo una reazione di sospetto quando ci troviamo davanti ad una situazione completamente nuova, ma se possediamo l’attitudine ad affrontare quel tipo di prova, non impiegheremo molto a trovare in noi stessi i meccanismi mentali per superarla.
Se sussistono questi due elementi, possiamo stare sicuri che il nostro cane nell’acqua lavorerà. Se diventerà un campione, questo dipenderà dal suo grado di attitudine, ma certamente, anche se non dovesse diventarlo, basterà un po’ di lavoro per farlo diventare produttivo. Se invece uno di questi due segnali dovesse venire a mancare, si renderà necessario stare attenti ed essere in grado di intervenire in maniera opportuna.





