Ero testimone diretto di questo piccolo episodio di caccia con il cirneco dell’Etna, ed ho voluto descriverlo perché, a mio modo di vedere, è esemplificativo di quali siano le attitudini al lavoro di un cane di questa razza. A metà strada fra un cane da cerca, un segugio ed un levriero, disegnato con linee che paiono l’incarnazione di una pittura rupestre o di un dipinto egizio, il cirneco è il cane che può vantare la più remota antichità documentata e la purezza genetica più cristallina fra tutti i cani. Presenta taglia piccola, struttura dolicomorfa, carattere sobrio e sincero ed un’atavica, eccezionale passione per il coniglio selvatico di cui rappresenta il più accanito e specializzato persecutore. Come abbiamo visto, durante la caccia questo cane tende a servirsi in pari misura di tutti i sensi a sua disposizione, in ossequio a quella primordialità che lo caratterizza e che rappresenta il suo vero grande punto di forza.
Perseguendo il coniglio, il cirneco mette in campo contemporaneamente l’olfatto eccellente, la vista acutissima, l’udito sopraffino ed i muscoli da mezzofondista olimpionico, supportati dei leggendari, durissimi cuscinetti plantari. Il tutto, coordinato da un cervello di prima classe. Non dà voce e non scagna su quella che potremmo, impropriamente, chiamare la “passata” del coniglio che dalla sua tana durante le ultime ore della notte è uscito per pasturare, percorrendo tortuosamente anche diverse centinaia di metri. La mancanza di voce, ben lontano dall’essere un difetto, rappresenta invece una vera chiave d’accesso per cacciare il coniglio allo schizzo, ossia secondo la tecnica che ho descritto nell’episodio e che rappresenta poi il metodo più ortodosso per l’impiego del cirneco.
RAZZE STRAORDINARIE: IL CIRNECO DELL’ETNA
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