I rifugi antiaerei
Sempre negli anni ‘30 viene emanata una legge perché tutti gli stabilimenti industriali di una certa importanza a livello nazionale, soprattutto quelli utili ad un eventuale sforzo bellico, vengano dotati di rifugi antiaerei. La S.M.I. di campo Tizzoro nel 1937 inizia i lavori per realizzare i suoi. Al solito gli Orlando non badano a spese per costruire una struttura sicura e funzionale che sarà il sistema di rifugi antiaerei per siti industriali più esteso di tutta la Seconda Guerra Mondiale. Dalla Gran Bretagna, grazie ai canali privilegiati con le Forze Armate inglesi sviluppati durante la Prima Guerra Mondiale, fanno giungere un particolare tipo di cemento, il Portland, ad alta resistenza e per impiego militare. Dal nord Italia vengono reclutati operai specializzati nella escavazione di zone rocciose. In appena 8 mesi ad una profondità di 25 metri sotto il perimetro dell’area degli stabilimenti vengono realizzati nella roccia viva 3 km di gallerie con vari locali in grado di ospitare oltre 7.000 persone, in pratica l’intera forza lavoro, amministrativa e dirigenziale della S.M.I. in tempo di massima produzione. Ci sono ben 8 ingressi alla zona sotterranea che grazie a scale elicoidali consentono l’accesso ai tunnel in meno di 5 minuti a tutto il personale. Gli accessi sono protetti da bunker a ogiva con porte da corazzata, auto sigillanti prodotte dalla Oto Melara, altra realtà industriale legata agli Orlando, che vantano uno spessore di 120 millimetri, e costituite da acciaio per la parte esterna e cemento in quella interna. Le chiusure sono sigillate con guarnizioni per gli attacchi a base di gas. Le gallerie, poi, sono auto ventilate perché progettate per creare una circolazione naturale al loro interno; vengono previsti e realizzati locali di decontaminazione per chi esca a verificare un eventuale attacco con gas. I bunker del Progetto Ogiva sono in grado di resistere a 500 chili di tritolo.
« Page 3 | Page 5 »