Il secondo elemento di notevole criticabilità, questa volta non giustificabile con alcuna mancanza di nozione, è il concetto di Toschi secondo il quale doveva esistere solo un’unica “razza da ferma a pelo duro”, non sussistendo alcun elemento distintivo fra spinoni, korthals, drahthaar e compagnia. Per accreditare la sua tesi, il noto giornalista chiamò ad avvocato proprio lo stesso Korthals che affermava “..l’identitè de toute le familles de griffon a poil dur ”. E per mostrare l’evidenza di ciò, Toschi pubblicò due fotografie, una riproducente una statuetta di un griffone korthals, e l’altra di un noto spinone italiano dell’epoca, invitando i lettori a trovarvi qualche differenza. Naturalmente, il giornalista si guardò bene dallo spiegare ai suoi lettori come valutare punti quali fondamentali quali la tessitura del pelo o il comportamento a caccia, e sorvola sulla palese diversità nell’orecchio e nella struttura che intercorre fra i due cani. Ma tant’è. La cosa che stupisce è l’inspiegabile volontà di voler appiattire in un’unica “razza” un cane antico come lo spinone ed un altro di recente formazione, con la scusa di non dare la stura a coloro i quali vogliono creare un’infinità di razze ingenerando confusione ed arbitrio zootecnico.
Come per il primo concetto, che stigmatizzava la mancanza di rispetto per la purezza, anche nel lanciare uno strale contro le troppe razze Toschi aveva senz’altro pienamente ragione. Purtroppo per lui però, il problema era che, come nel caso della cagna di Laverack, anche per la seconda tesi si affidò all’esempio sbagliato.
Pillole di cinotecnica: gli esempi sbagliati….
Condividi: