Andando avanti, il sentore di buon cuoio aumenta la sua presenza, giocandosela testa a testa con un linea d’ombra amara che sarà incrementata qualora il sigaro venga fumato troppo velocemente. E se questa è una conseguenza di puff troppo ravvicinati in qualunque sigaro, nel Pastrengo è moltiplicata per due, se non per tre. Difatti, il mio suggerimento è quello di provare a rispettare il più possibile l’aurea regola del fumo lento, ovvero di lasciare tra una boccata e l’altra almeno cinquanta secondi o un minuto. Diversamente, la sensazione di aspro tenderà a prendere un sopravvento che non abbandonerà più fino alla fine. L’evoluzione principale da me riscontrata riguarda la forza, che già a metà fumata è notevole, ma vi è anche un sottile sentore di noce che va intensificandosi al palato di chi ha avuto l’accortezza di non essere troppo avido e impaziente. Quanto più il fumo arriverà fresco in bocca, tanto più, dunque, sarà percepibile questa interessante sfumatura. In alcuni esemplari, la sensazione può essere addirittura di vaniglia o di miele.
La fase finale della fumata è tutta incentrata sulla forza, importante, pur rimanendo scarsa la persistenza.
E’ un sigaro che può seguire cene importanti, come quelle a base di arrosti o brasati, ma non lo consiglio come tuttogiorno se non altro per l’attenzione che necessita nel fumarlo, volendone gustare appieno tutte le sue peculiarità.
E’ un’ottima scelta anche dopo una bella colazione alla “toscana”, ad esempio a conclusione di una battuta al cinghiale, in cui salsicce, salami e finocchione sono i piatti forti, annaffiati con un Chianti generoso. Ho notato inoltre, una buona compatibilità del Pastrengo, con dessert a base di cioccolato morbido o gianduia. Brandy o Cognac non troppo forti infine, sono i suoi partner elettivi per una degustazione extra cena.
Tiraggio e combustione di buon livello, anche ad elevate percentuali di umidificazione.
Toscano Pastrengo: a passo di carica…
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