Le monache iniziarono ad avere timore di scendere perfino nel giardino e non alzavano più il velo nemmeno per parlare tra loro. Malgrado questo regime di paura che aveva instaurato, la badessa non era comunque soddisfatta valutando ancora troppo elevata la possibilità per le consorelle, e per sè stessa, di incrociare casualmente il buon papà Giuseppe. Dispose quindi per licenziare il brav’uomo ed assoldare una giardinera, che avrebbe così eliminato ogni occasione di turbamento. Giuseppe, malandato reduce di guerra ed affezionato sinceramente alle sue aiuole, ebbe però un colpo di genio. Il mattino successivo si presentò al monastero con un sonaglio da beccacce attaccato al collo e si mise al lavoro, vangando e tintinnando. Le suore compresero l’espediente, ed ogni volta che uscivano prestavano attenzione al suono del bubbolo riuscendo così ad identificare in ogni momento la posizione del giardiniere.
I veli poterono così essere rialzati liberamente, le monache ripresero a vivere e la badessa, finalmente, fu soddisfatta.
Ebbene, sintetizzando le conclusioni formulate quasi cent’anni fa da Audelbert, e a mio avviso non prive di fondamento, il bubbolo al collo del cane produrrebbe su questo selvatico lo stesso effetto deterrente che il sonaglio di papà Giuseppe esercitava sulle povere, spaventatissime monachelle.
Cronache d’una volta: la badessa e il sonaglio
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